Nella storia della diplomazia polacco-lituana rinascimentale Krzysztof Warszewicki (1543–1603) è noto come l’autore del più popolare e, allo stesso tempo, il più esteso manuale di diplomazia: De legato legationeque (pubblicato per la prima volta nel 1595 a Cracovia). Nato nel 1543 nella regione di Masovia, trascorse la maggior parte della sua infanzia fuori dalla Polonia. Particolarmente importante fu il soggiorno di diversi anni alla corte di Ferdinando I d’Asburgo (1503–64), più tardi imperatore, poi re di Boemia e Ungheria.
Fu lì che Warszewicki non solo scoprì in ciò che consisteva una vera vita di corte (si trovò persino al seguito di Ferdinando al matrimonio di Maria Tudor (1516–58) e Filippo II (1527–98) a Londra), ma conobbe anche il modo tipico della dinastia degli Asburgo di governare lo stato. Gli anni trascorsi alla corte di Ferdinando si rivelarono per Warszewicki una scuola eccezionalmente pragmatica di vita politica, che modellò permanentemente la sua visione dello stato e della società. Dopo il ritorno in patria, rimase per un po’ alla corte di uno dei magnati polacchi, e poi andò di nuovo in Occidente – questa volta per ricevere una educazione più formale. Dopo un breve soggiorno a Lipsia e Wittemberg, rimase più a lungo a Bologna, popolare tra i giovani polacchi benestanti di quel tempo.
All’età di 21 anni, Warszewicki era tornato in Polonia e iniziò la sua carriera politica – che più tardi si rivelerà estremamente turbolenta – inizialmente sotto la guida di Adam Konarski (1526–74), il vescovo di Poznań. Warszewicki si affermò rapidamente come un eccellente oratore e un politico abbastanza abile che poteva contare su una carriera brillante. Tuttavia, la realtà verificò queste speranze. Il suo temperamento impulsivo, la sua coscienza non del tutto pulita, la diagnosi spesso sbagliata della situazione, così come la semplice sfortuna fecero sì che invece di favori e onori, egli incontrasse di solito pericoli e difficoltà.
Dopo la morte di Sigismondo II Augusto (1520–72), l’ultimo re polacco della dinastia Jagellonica in linea maschile, l’intera nobiltà polacca votò per il nuovo re nella cosiddetta electio viritim. Warszewicki sostenne felicemente la candidatura di Enrico di Valois (1551–89). Per sfortuna del nostro autore, il nuovo re lasciò presto il trono polacco per quello francese.
Durante le successive elezioni, Warszewicki sostenne costantemente i candidati asburgici. Nel 1575 supportò Massimiliano II (1527–76; figlio di Ferdinando, alla cui corte soggiornò in gioventù). Dopo la sconfitta di Massimiliano, lo accompagnò a Ratisbona. Grazie all’intercessione del nunzio papale, Warszewicki riuscì ad ottenere il perdono di Stefano Báthory (1533–86), eletto nuovo re polacco, che gli permise persino di entrare al suo servizio. Così Warszewicki ebbe, tra l’altro, l’opportunità di partecipare ai negoziati di pace con Mosca e di servire come ambasciatore in Svezia.
In seguito alla morte di Báthory, Warszewicki decise di nuovo di sostenere la candidatura asburgica, cioè l’arciduca Massimiliano III (1558–1618), che egli accompagnò nella battaglia di Byczyna (1588). Lì, l’esercito asburgico fu sconfitto in modo spettacolare dal cancelliere della Corona Polacca, Jan Zamoyski (1542–1605), che allora sosteneva il re eletto, Sigismondo III Vasa (1566–1632). Questa perdita costrinse Warszewicki a lasciare il paese ancora una volta. Dopo aver trascorso diversi anni alla corte asburgica di Praga, riuscì tuttavia ad ottenere il perdono di Sigismondo III, il quale, pur concedendogli una certa indennità, decise di non utilizzare i suoi talenti diplomatici e politici. Warszewicki morì, in gran parte dimenticato, nel 1603 a Cracovia. I suoi ultimi anni furono pieni di viaggi e di scrittura. Vale la pena sottolineare che fu un autore molto prolifico. Nelle sue opere, era particolarmente appassionato di temi teologici, moralistici e politici (oscillando costantemente intorno al postulato del rafforzamento del potere reale). A quest’ultima categoria appartengono le sue opere più famose: Paradoxa (1579), Turcicae (1595), De optimo statu libertatis (1598), e il già citato trattato sulla diplomazia, De legato legationeque.
Fonti:
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