A causa della persistente carenza di fondi nella tesoreria reale, il finanziamento delle missioni diplomatiche costituiva per lungo tempo un problema della diplomazia polacco-lituana. Gli ambasciatori si trovavano spesso di fronte a un sostegno finanziario insufficiente che non permetteva di soddisfare le esigenze delle loro missioni. Di conseguenza, i diplomatici dovevano affidarsi a promesse di rimborso al loro ritorno, cosa che presentava notevoli difficoltà per i loro impegni. Come ‘soluzione’ a questo problema, le autorità tentarono di inviare in missioni all’estero ricchi magnati, che potevano permettersi di finanziare una parte sostanziale delle spese. Tuttavia, anche questi individui a volte faticavano a coprire i costi delle missioni.
Una notevole eccezione fu il servizio diplomatico sotto il re Stefano Báthory (r. 1576–86), che si impegnò diligentemente a garantire che i fondi degli ambasciatori fossero pagati in tempo, pur rispettando limiti rigidi. Comunque, i suoi successori, tra cui Sigismondo III Vasa (r. 1587–1632), non riuscirono a mantenere lo stesso livello di disciplina.
Curiosamente, il rifiuto di pagare veniva occasionalmente utilizzato come mezzo per motivare i diplomatici. Ad esempio, gli inviati che cercavano di recuperare le cosiddette ‘somme napoletane’ dovute alla regina Bona Sforza (r. 1518–57) dovevano pagare il proprio mantenimento usando i fondi che avevano personalmente negoziato. Il mancato pagamento serviva quindi da ‘stimolo’ per accelerare il processo di restituzione delle cifre spettanti.
Va sottolineato che dei quattro diplomatici polacchi i cui manuali sono stati analizzati nell’ambito del nostro progetto, solo nel caso della missione di Krzysztof Warszewicki (1543–1603) non si conoscono grandi problemi finanziari. Tadeusz Morski (1754–1825) ha dovuto chiedere al re Stanisław August Poniatowski (r. 1764–95) di fornirgli il denaro per tornare in patria. Le lunghe trattative che Ławryn Piaseczyński (c. 1550–1606) condusse con il khan tartaro furono interrotte dalla mancanza di fondi per i cosiddetti ‘piccoli regali’. Ma il caso peggiore fu quello di Stanisław Miński (c. 1561–1607), che per la sua missione a Roma spese una tale quantità di denaro dai suoi fondi personali che al suo ritorno si trovò in gravi difficoltà finanziarie, che lo portarono a vendere il suo villaggio ancestrale di Mińsk.
Per approfondire l’argomento:
Dyplomaci w dawnych czasach. Relacje staropolskie z XVI–XVIII stulecia, ed. Adam Przyboś e Roman Żelewski, Warsaw 1959.
Michał E. Nowakowski, Ambasador na rozdrożu. Świat wartości w poradnikach dyplomatycznych Pierwszej Rzeczypospolitej oraz ich europejski kontekst [Ambasciatore al crocevia. Il mondo dei valori nei manuali diplomatici della Polonia-Lituania e il loro contesto europeo], Lublin 2023 [in stampa].
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